Compagnìa dei Defunti.

Ci ho pensato spesso, in questi ultimi settantasei anni.
E se dovessi descrivere il funerale ideale, lo sognerei senza dolore e senza addolorati, addolorandi e senza funerale.
Odio andare ai funerale specialmodo il mio.
Converrebbe ad onor del falso, aver lasciato di se una traccia di allegria cosi’ potente da controbilanciare l’assenza nel caso si sentisse.
Un segno di leggerezza da consumare anche postumo.
Il funerale deserto andrebbe proprio bene.
Non sono fra quelli che piagnucolano per la serie ricordati di me. Dimenticati di me, piuttosto, ma, soprattutto non soffrire.
Mi farebbe piu’ male del morire.
Ma come cazzo si fa?
O muori cosi’ vecchio, ma cosi’ vecchio che le persone che ami o dovresti
amare si sentirebbero iperstufate dal vederti ancora li’ stipendiato dall’INPS ex INPDAP.
Insomma, ne avrebbero avuto piu’ che a sufficienza dal trovarti sempre
tra le palle.
Oppure, sempre nel desiderio di non lasciare dolore dietro di
se’, tramutarsi, se non lo si e’ gia’, in un essere detestabile e malvagio e
iperscassacazzi, cosi’ perfido da far tirare un sospiro di sollievo a chi resta.
E poi ho poca voglia che l’uomo continui a concedere alla morte la di
lei capricciosa, ostinata supremazia…e’ piu’ dolorosa l’attesa dell’arrivo
E che magnifichi se stessa in consessi preficanti dall’organizzazione
paramilitaresca.
Se proprio fosse necessario, lascerei sfilare dietro il feretro i volontari
dell’addio a tutti i costi.
Il ricordo del beneamato dovrebbe essere sparpagliato il piu’ possibile e
senza le dimensioni strette e obbligatorie di una cerimonia con corteo semiordinato.
Incrocio di sguardi interrogativi e rumorino di suole che strascicano ghiaietta e pensieri a caso.
Ma la convenzione vuole che alla morte si debba rispetto e al morto onore e saluti.
Cosi’, oggi, appare molto sconveniente una preghiera funebre univocale
del celebrante.
Si e’ stabilito che sia sempre preferibile un rito con ondulazione corale,
abbastanza nera.
Un rito composto, religioso comunque.
La parola deve essere multipla.
Le strampalate regole tramandate della pietas sembrano avvertirci che il de cuius, solo dopo la morte, non debba essere solo per la serie..tutti insieme a salutare il rompiballe che si e’ levato di mezzo e ci permettera’ di fare le ferie senza complessi di colpa dell’abbandono o peggio ancora senza interrompere le ferie per tornare a salutare il vecchio pirla rimbambito che pur di stracciarci i pendenti ha deciso di andarsene mentre eravamo a Ibiza.
Strana pietas.
Da morto, dicevo, qualcuno deve pure piangerlo.
Vanno bene legionari smaniosi di macabri eroismi cosi’ come prezzolati
professionisti del piagnisteo o le famose piagnimuerto nordafricane.
Ora arrivo al titolo del post dicendo che Don Marcello Colcelli,
della parrocchia di Sant’Egidio dell’Orciolaia, si e’ stancato dei funerali deserti e ha deciso di varare la ..compagnia dei defunti…
Questa compagnia (accento sulla i) invita uomini e donne alla supplenza nel caso non ci fosse nessuno a soffrire attorno ad una bara.
Il vantaggio della solitudine non deve essere concesso mai e cosi’ e’ stato superato l’enpasse di non esser soli nell’ultimo viaggio con la modica cifra d’iscrizione di un paio di euro e l’incombenza di partecipazione a qualche funeralata.
E non dimenticate che juventus, ventus ma che comunque improba vita mors optabilior.