Diversamente Giovani Lavoratori.

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Questa e’ la storia di Simone, un giovane laureato, impegnato a macinare carriera dentro una multinazionale.

Simone ha un collega di 55 anni, Lino, che si e’ appena dimesso per problemi con l’azienda in quanto gli sono state imputate lentezza e incapacità di adattamento al nuovo.

In realta’, Simone e’ il vero problema di Lino che con vent’anni di meno si e’ ritrovato a vessarlo in veste di suo superiore.

E che da quando Lino si è licenziato per causa sua, Simone non dorme piu’ la notte perche’ sa di essere diventato uno squalo come gli altri.

Ci vorrebbe una pagina, forse un libro intero, per sviscerare le questioni relative al significato moderno del lavoro

che la confessione di Simone porta in superficie. In questo spazio breve e poco serioso mi accontentero’ di sfiorarne un aspetto.

Detto tutto il male possibile dei pelandroni e dei cialtroni, si puo’ chiedere a un uomo di mezza eta’, con energie in calo e familiari a carico, di avere la bava alla bocca di un trentenne concentrato soltanto sulla carriera?

Si puo’ immaginare un modello unico di societa’ in cui la legge della giungla viene applicata indifferentemente a tutte le generazioni?

Con il prolungamento della vita e l’inaridirsi delle pensioni il sistema produttivo del futuro non potra’ piu’ permettersi il lusso di rottamare i «diversamente giovani» ai primi cenni di cedimento.

A meno di procedere a esecuzioni di massa, sara’ costretto a riformare uno schema che accanto a quello dei giovani squali preveda ed esalti, in ruoli e con modalita’ diverse, il contributo delle sagge tartarughe.

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