Il dramma del Natale..

E ricomincia l’impietosa manfrina dei regali di Natale.
La samba dei pensierini.
E io sono felice come la cagnetta di Franco con le emorroidi e il collare di finto Luigi Vittone con la borraccia di “Mo’ Esce Antonio” sciapito al collo. Mettiamoci d’accordo.
Prima di tutto sull’etimologia della parola ..pensierino detto anche dal Francesco Argentino in questi tempi di crisalide.
Dicesi pensierino, un piccolo pensiero, una minuscola attivita’ psichica che richiede un minimo sforzo.
Ricapitolando. Ti faccio un pensierino significa quindi..pensero’ a te ma poco.
Per cui se per Natale abbiamo deciso di farci le coccole solo coi pensierini, fastidiosa incutita transgenica che non sei altro, non sorpresare il parentificio alla notte di Natale col fermacravatte d’oro da un chilo, la sciarpa Le Murt e stra..de Cartier, la secchiellata di champagne Don Perino Gnon o una statuina del LLadroNau espanolo da 160 € isole comprese.
Donatrice dell’incontinente nero.
Perche’ il ricevitore o ricevitrice spiaggiato/a come un tricheco/a tra le pecorelle del minuscolo solito presepe, per te hanno recuperato solo quattro mandaranci e una manciata di bagige dal cassone arancione degli scarti mercatali del bennet.
E a quel punto non meravigliarti se ti augurano dentro loro non un mondo di bene ma una vagonata di contumelie per i sensi di colpa inferiti.
Tu vuoi fare un presente o anche un assente per Natale?.
Muy bien cerca di regalare una robina piccola che oggi va’ bene ma domani, che e’ gia’ futuro, non piu’. E ieri non ne parliamo.
C’e’ per caso qualcuno che ti dice “ti faccio un passato per Natale” a parte il passato di verdura che mangiamo al lunedi’ dopo la strafogata domenicale (si fa’ per dire)?
E poi mondaccio zozzo c’e’ sempre la questione del sovrappeso incipiente che nel mio caso, mi obblighera’ fare mese di Spin per ritornare ad un peso accettabile dalle mie scarpe finto tod’s.
Lo so che e’ inutile far finta che per voi donne di molta fede non sia cosi’.
Quando ci si scambia i regali si soppesa.
Si valuta, si misura.
Se io do’ una cosa a te, tu dai una cosa a me per la serie “do ut des”.
Ma possibilmente proporzionata.
Inevitabilmente nascono sti paragoni del menga.. io gli ho regalato un’aragosta di porcellana da 300€ e lei un paio di guanti in ciniglia molle riciclati dono della zia di Casalporcino,tra l’altro color caghetta o trasu’ de ciùc. (vomito di ubriaco per i non longobardi).
Sta bastarda figlia di androcchia stantia.
Il prossimo anno me la paga.
Passano trecentosessantacinquegiorni e tu memore dell’anno prima gli regali un paio di calzini in canapone tartarugato e lei, che ancora non ha digerito l’onta della minusvalenza del precedente Noel, un portafoglio di coccodrillo selvaggio amazzonico unico superstite della specie.
E i ruoli ed i pensieri si invertono.
Tutto questo per decenni (sin che morte non vi separi).
Finche’ porca paletta, spero vivamente nel cosiddetto riposizionamento. Che consiste in questo.
Tanti Auguri, bacio, si scarta e voila’.. due agende.
Una per uno.
A ciascuno quello della banca dell’altro/a.
Che pirlificio ammoscioso.
Dulcis in fundo e’ meglio non parlare dei fatidici cestini di Natale.
Chi ti vuol bene davvero non ti regala un cestino.
Il cestino te lo regala chi ti vuole veder morto.
Perche’ e’ un’arma letale.
Tanto vale mettere una pistola dentro un paniere.
Se io ti regalo un cotechino da mezzo metro, una putrella di torrone, una composta di peperoni della Cayenna, un vaso di mostarda e uno di peperoncino made in Calabria, lo so’ che per bene che ti vada ti vengono delle emorroidi che non ti siedi piu’ sino alla tua ricorrenza di Befana.
Lo faccio apposta.
Altro che buona fine e miglior principio.
Quello e’ il principio della fine.
Auguri neh.. e auguri anche dallo Stefano nazionale che con le sue strisce i racconta l’Odissea del Babbo Natale a Roma.