Archivio mensile:Settembre 2010

Vaffanbiiip


Avviso per i naviganti …Chi va di solito al vespro delle cinque o e’ minorenne o bigotta, non deve continuare la lettura del post, mi sarebbe dispiaciuto non pubblicare la farneticazione di cui sotto (cui e non qui), ma che ci volete fare, non tutti riescono ad esprimere il loro stato d’animo e di certo questo di Marshall non e’ da educanda in quanto e’ piu’ indicato alla classica vulvivendola che lavora nei chiavisteri e fa straordinari sulla tangenziale ovest, cmq e’ talmente espressivo il suo esternarsi che quasi fa tenerezza, la classica tenerezza di chi pesta la merda nascosta dalla foglia autunnale lasciata dal cane di turno sul marciapiede, tanto si dice che porta fortuna no? E la fortuna e’ quella di non trovare il proprietario dello stesso cane legato all’altro capo del guinzaglio..fortuna per il proprietario ovvio, cosi’ puo’ evitare di farsi dare due punti dove ci si infilano le supposte, avevo messo in bilancio di non pubblicare piu’ gli scritti del balengo e quindi mi rimangio il bilancio e domani cerchero’ di tornare quello di prima sempreche’ non capitino avvenimenti che possano farmi ritardare l’abbandono degli scritti di Marshall tipo questo sotto..e leggete con un occhio solo..i riferimenti a fatti o cose, sono puramente casuali e se per caso qualcuno si sente tirato in gioco..son biip suoi..


Una vita non basta e non ti basterà mai…
Oggi cambia tutto. Perché non mi basta. Perché questo delirio non è quello che voglio. Perché la tua puzza di merda mi ha stufato.
Vaffanculo e rinasci.
Sono fragile. Sono un cazzo di gigante di vetro che non aspetta altro che una piccola crepa.
Cin cin.
Mi affogo. Affogo voi, te, il mio mondo, il mondo che mi vorresti vendere.
Una vita non basta.
Tutto brucia e io brucio con lui. Fondamentalmente ingenuo. Inconsapevole. Impaurito. Incazzato e con uno sguardo a quello che ho lasciato per strada.
Ho perso tanto nel corso del tempo. Ho perso tante speranze, ho fallito tante prove. La vita mi sfida e io crollo sulle ginocchia. Lentamente mi lascio scivolare nella mia tana scavata nella sabbia.
E cambiano i ritmi. La musica si fa isterica, poi nevrotica, poi armoniosa. Poi si spegne. Si abbassa il sipario. Io non capisco. Ma si abbassa. Un delirio. La fine del mondo concessa solamente a chi è pronto a spingersi fino al più degradante livello di se stesso. In quello strato lontano e oscuro in cui fanno le tane i topi, in cui restano a marcire i rifiuti.
È una guerra ma io sono un kamikaze. Figlio di puttana.
Tutti hanno un dramma. Tutti hanno una storia da raccontare. Tutti hanno qualcosa per cui vale la pena ascoltarli. Tutti hanno un senso. Io non ho nemmeno un’idea originale. Non ho un singolo racconto che non sia già stato narrato.
Provo a dormire. Non ci riesco. Provo a mettermi davanti ad un foglio e a disegnar l’infinito. Non ci riesco. Provo a disegnare il mio volto. Non ci riesco.
Prendo fiato. Stacco la spina.
Buio. Silenzio sopra tutti i mobili dell’arredamento.
Infine esplodo.

Frasi pensieri lacrime bestemmie grida sperma rabbia occhi sgranati vene occhi gelidi. Amore.
La vita come un palco. Io incapace di ricordare le battute del mio copione. Io che improvviso.
Vado a braccio.
Un altro bicchiere di vino.
Senza paura ma solo con certezze semplicemente inventate.
E se non ti piace non leggere. E se mi disprezzi vaffanculo. E se ti credi meglio di me evidentemente avrai ragione. Io sono\sarò\voglio essere\spero di essere\sono una semplice candela che brucia lentamente. Dall’alto verso il basso. Noiosamente. Dall’alto verso il basso.
Una goccia alla volta.
Cera.
C’era.
Non lo so se il mondo è perfetto.
Un altro bicchiere di vino. Ormai è caldo.
Non lo so se il mondo è perfetto. Forse sì. La colpa non è del mondo ma mia. Pace. Pazienza. Che delirio. Che cazzo di parole in fila come una bianca striscia di cocaina.
Eppoi su per il naso dritto nel cervello poi attorno ad esso fino a quando non si attacca alla parte più delicata, più morbida, più gustosa da distruggere, del tuo cervello. Ti spinge ti violenta. Ti spreme l’anima, ti comprime l’osso del collo eppoi ti lascia in terra con la sensazione, credetemi sgradevole, di aver appena consumato il tuo ultimo tasto. Umiliato. Ogni schiaffo dato ne esige cento ricevuti.
In un cinema. Da solo. Lo schermo non ha vita questa volta. È tutto nero. In mezzo allo schermo c’è un taglio. Una figa? No. Forse un sorriso deforme. Com’è che vorrei tutto meno quello che ho? Com’è che mi taglio le vene? Come? Come se. Scivola corre come un’autostrada. Poi arrivi al casello. Timbri, paghi il dazio: delusioni, sofferenze, la tua migliore amica che ti accoltella, l’amore che finisce, gli amici che ti abbandonano.
La sbarra si alza.
Sei morto.

Stop a Marshall



Lo sbadiglio del post precedente sta a significare che ormai la faccenda Marshall comincia a stancare difatti sono five post che ti dedico e sono gia’ cinque piu’ del mio solito, sul mio blog gli scritti a mo di bicchiere meta’ vuoto ci stanno molto stretti, se vuoi riappari se non vuoi continua a rimanere in stby io torno al mio humor ce mi contraddistingue e per me la vecchiaia significa solo l’eta’ degli altri io difatti non ho un capello bianco anche perche’ sono pelato (era solo una battuta) difatti il mio barbiere anzi il barbiere del mio paese quando mi taglia la criniera mette sempre occhiali tipo saldatore con paraocchi datosi che i capelli una volta tranciati dalla forbice partono come le spine dei ricci e se ti colpiscono bene rimangono impiantata nella pupilla gustativa. Tu potresti essere un mito ovvero un pettegolezzo invecchiato e la tua politica e’ l’arte di fare promesse e il tuo amore e’ un mistero o un’arte che non si puo’ spiegare ma solo raccontare e il tuo post che iniziava con Ciao Amore dedicato alla tua pseudo figlia ha riempito gli occhi di lacrime a chi l’ha letta ma ripeto era un racconto e non un spiegazione e percio’ non l’ho ripresa, perche’ avrebbe fatto effetto su quei pochi (li conto sulla punta di un dito) che leggono questo post , potrei ampliare mettendo l’aggancio nel motore di ricerca..ma chi me lo fa fare io so che tra i pochi ci sei tu e questa e’ l’ultima possibilita’ che carluccio ti da..ora per poter tornare nei miei scritti ti racconto una storiella, scema al massimo ma con un finale tutto mio e non come i tuoi che lasciano quel vuoto nel gargarozzo..ovvio che e’ finta ma credici..


Dopo anni e anni di miseria e fame Demetrio figlio di Ugo nipote di Gervaso e Baldassarre, ricevette in sogno l’ordine di andare a Varese per cercare un tesoro sotto il ponte davanti alla questura.. Quando il sogno si ripetette scusa si ripete’ (altrimenti Graziella preside e addentrata nello scritto Italico mi bastonasse, bastonette..insomma legnate) Demetrio figlio di Ugo nipote di Gervaso e Baldassarre si mise in cammino e raggiunse il ponte davanti alla questura di Varese.

Ma il ponte era sorvegliato dalla polizia giorno e notte (forse per via degli attentati al Bossi) ed egli non ebbe il coraggio (strano vero?) di cercare nel luogo indicato. Tuttavia Demetrio etc etc torno’ tutte le mattine.. Un Giorno Il Boss della polizia che lo aveva notato gli chiese se avesse perso qualcosa. Demetrio figlio di Ugo e nipote di Gervaso e Baldassarre gli racconto’ il sogno che lo aveva spinto sin li. Il Boss della polizia scoppio’ a ridere. E gli disse..e tu poveraccio, per dar retta a sto cavolo di sogno se venuto fin qui a piedi? Allora anch’io per obbedire a un sogno, sarei dovuto andare a Castellanza (paese del Demetrio figlio di Ugo nipote di Baldassarre e Gervaso) in casa di un pistola, di nome Demetrio figlio di Ugo e nipote Di Gervaso e Baldassarre (aveva chiesto le generalita’) a cercare un tesoro nascosto sotto la stufa? Ma io non sono stupido come te e non ci credo, dai va via e non tornare piu’. Demetrio figlio di Ugo nipote di Baldassarre e Gervaso, saluto’ educatamente (si fa per dire) e torno’ a Castellanza, Sali’ al quarto piano dove abitava il nonno Gervaso, cerco’ sotto la stufa e trovo’ il tesoro..Ecco perche’ giro in Ferrari..

Ritorno

Sta scattando il mese ma non si vede il tuo ritorno, nel frattempo ho ricevuto tante testimonianze che cominciano avere dei dubbi, dubbi di uno sdoppiamento di vita, dubbi su me che sono te, dubbi su te mitonomaniaco che potresti interpretare altre persone che vivono da altre parti e sinceramente lo scritto non e’ da italoamericano, troppo ben fatto e cmq a parte le considerazioni citate, scivola bene e potresti eventualmente continuare ad interpretare il personaggio scelto perche’ sai scrivere bene, sai esprimere le tue emozioni e non e’ da tutti e quindi oggi posto un tuo ex ritorno e spero anche eventuale futuro, avrei potuto pubblicare una tua lettera, quella del padre che manifesta alla figlia i suoi sentimenti e non e’ detto che non debba farlo nei prossimi post, semmai scrivimi in pvt e vedremo di aggiustare il tutto..per ora rileggiti e medita bene o anche tedita..

Ritorno sui miei passi. Ritorno a scrivere.

Perché è quello che sono. Quello che voglio.

Io, voi. Ciò che scrivo.

Il desiderio di esser letto, di valere qualcosa.

Di essere un poeta.

Ritorno come un’ingenua circonferenza.

Solo per scrivere, senza voler dimostrare nulla. Solamente io e me stesso e voi.

Senza soggetti, senza temi. Senza pensieri.

Parlare come rotolare. Lasciare cadere un sassolino per vedere quale valanga saprà scatenare. Per l’amore di premere i tasti; senza il bisogno di avere un motivo.

Il sole altissimo. La musica. La luce.

La bellezza di questa vita terribile.

Sempre disperato e sempre innamorato. Della vita.

È tutto qui. Felice di scrivere.

Sempre bisognoso di qualcuno che mi legga. Che mi dica che esisto.

Attraverso le lettere, le parole, perpetrare la mia esistenza.

Così tanto da dire in così poco tempo: l’amore, l’amicizia, il dolore, le speranze, i miei genitori, i miei sogni.

Per ogni pensiero una parola, una frase. Una vita.

“…e se una vita non basta…”

Ritorno a scrivere perché è quello che so fare. È quello che voglio fare.

È la mia speranza, il mio salvagente.

La vita è mia: rovina, perdono, benzina, passione, fumo, sorrisi e tutto il resto.

Ritorno a scrivere perché è il mio modo di esistere.

Con gli occhi chiusi, con i muscoli rilassati, con la mente leggera…

La mia vita è parola scritta.

La mia vita occuperà tutti i fogli della mia vita.

Ritorno a scrivere. E vorrei non aver mai smesso.

Ritorno a scrivere perché mi fa bene.

Scrivo perché quando scrivo sono felice.

la chiusura di Mr Marshall

Se tu non mi avessi raccolto mentre ero in terra, nudo e spaventato, non sarei qui ora. (parole tue e solo tue)
Scrivo perche’ non ho il coraggio di vivere la vita e questo secondo te e’ una forma per uscire???? Naaaaaaaa sono le parole di un cagasotto e percio’ rientra sullo schermo e chiudi in bellezza, stanno scrivendo in tanti e dicono che sono io a scrivere, non farmi fare queste brutte figure e dillo che gli spot in corsivo sono i tuoi, ti ho puntato sul Multiply dove rimane traccia per bene di chi butta l’occhio quindi esci allo scoperto e rispondi poi torna sul tuo blog chiudi in maniera migliore che non sia questa sotto che hai messo e poi lasciatelo dire, il tuo lavoro era quello di fare l’equilibrista perche’…mi stai proprio sulle palle .

Applausi.

È rimasta solamente la vena più sottile e dolce. Quella che tiri fuori quando ogni brandello di forza è caduto, quando è tutto in frantumi.
Vorrei dire tutto con un’unica parola. Mi spaventa ciò che può succedere tra l’inizio e la fine di una frase. Ogni parola in più è una sofisticazione.

La platea è completamente vuota.
Solo voi, pochi coraggiosi, seduti sparsi qua e là.
In fondo è nero. Spaventoso.

Non è una questione di tempi, di pause, di lessico. Non riguarda le parole, la metrica. Non centra nemmeno con me o con te. È solamente su se stesso. Sull’atto in sé.
Scrivere per dire pregare invocare, una poesia una canzone, mi serve un mezzo per raggiungerti. Non in superficie ma nello strato più profondo, quello essenziale, quello in bianco e nero, quello fatto di te.
Ho bisogno di parlare a quella parte di te che rimane nascosta sotto le maglie di metallo della tua cotta, sotto le piume del tuo travestimento, sotto la carne della tua umanità.
Non ho imparato nulla, né dal passato né dagli errori.
Non posso, non so imparare.
Va bene così. Tutto il dolore dell’universo non basterà a farmi cambiare, non mi renderà migliore, non farà di me una persona buona.
A me basta che m’insegni come raggiungere te. Come arrivare a toccare, con le mie parole, te. Perché mi spendo in mille cose, mi distraggo, mi muovo, mi affanno, eppure sono e rimarrò per sempre solamente questo: un testo.

Parole rime versi segni scritte frasi. Idee.
Sono la mia musica e sono il mio verbo. È l’unico modo che ho per esprimermi: non sono bravo con le parole, non sono bravo con i fatti, non sono una persona coerente, seria, leale.
So solamente scrivere.

Posso andare da A a B unicamente con le parole che scrivo. Posso ringraziarti del tuo starmi vicino unicamente con le parole che scrivo. Con queste parole posso dirti grazie per avermi ascoltato, per avermi dato una pacca sulle spalle, posso dirti che se non avessi avuto te mi sarei perso in quella città sconosciuta. Se tu non mi avessi raccolto mentre ero in terra, nudo e spaventato, non sarei qui ora.
Scrivo perché non ho il coraggio di vivere la vita.

Da quando il cielo è diventato così chiaro di notte?

Qui affiora solamente la punta dell’iceberg. Ho centinaia di fogli, di ritagli, di taccuini. Ho speso parole in ogni momento della mia vita. Ho sempre tentato di rimanere al passo con la mia vita.

Ho distrutto tutto. Ho fatto terra bruciata intorno a me. Era quello che volevo?
Ho distrutto tutto. Ho sbriciolato la mia esistenza. Ho vomitato tutto il sangue che avevo in corpo. Ho ucciso, ferito, violentato, rubato.

Ho rubato a te la tua anima, ho rubato a te un segreto.
Ho violato il sacro, ho sfregiato e ho profanato. Ho amato troppo. Non sono stato capace.
Ho voluto troppo, ho perso tutto.
Ho vissuto una notte dentro un silenzio ed una promessa.
Ho ucciso le stelle e ho fatto ammutolire i cieli.

Ho fatto provare vergogna a Dio, perché sono stato ingiurioso ed abominevole.

Ora ho un motivo in più per smetterla. Per voltarmi verso qualcos’altro.

Non per presunzione, non per sofisticatezza.
Mi sono spinto troppo in là.
È ora di imparare dagli errori.

Quindi qui si chiude questa avventura. Questo stupido diario, questo porcile, questa discarica. Questo blog, questo feticcio.
È il momento di smetterla. È il momento.
Ora faccio calare il sipario sulle mie parole.

Saranno altri a leggerle, in altre forme, in altri modi. Troverò un’altra strada: più mia, più figlia del mio cambiare.

Qui saluto e ringrazio tutti.
Per la pazienza.

Ho davvero finito le parole.

Essere Diversi

Continuo con la serie dedicata a chi e’ sparito e faccio notare a come la pensava non molto tempo fa quando scriveva sulla leggerezza di essere diversi, anzi era infinita leggerezza e vediamo se questo post servira’ a far ritornare sul palcoscenico chi si nasconde dietro ad un dito, dicendo la mia opinione sull’essere diversi, la parola non suona molto bene e si puo’ interpretare in mille modi, io me la son sentita dire quando avevo 6 o 7 anni, mi ricordo di un mio compagno di classe e nonostante la giovane eta’ ero in terza elementare, forse ero diverso perche’ cosi’ giovane ero con chi aveva due o tre anni piu’ di me e salivo sugli alberi e il mio compagno voleva mettermi in guardia o forse era invidioso e aveva due occhiali tipo binocolo ed era grasso da far schifo e magari la diversita’ stava solo negli occhiali..boh..poi nel tempo arrivato ai 12 14 anni ci stavano le ragazze che dicevano tu sei diverso e a pensarci bene forse avevano ragione, io non davo molta importanza a loro mentre i miei compagni facevano di tutto per farsi notare ed avere il loro interessamento a me non fregava nulla e mi interessavo solo di palestra e nelle feste da ballo dove tutti partecipavano per poter aver contatto con altro sesso io scivolavo per la tangente..ero un diverso boh..e sinceramente son contento di esser stato un diverso allora come lo sono ora, mi ci son trovato sempre bene nella forma del diverso..ma adesso leggiamo il blog di Marshall nella sua diversita’ e capirete perche’ lo rivoglio qui nella sua diversita’ ..ecco come si presenta:

Infinita leggerezza nell’essere diversi

Il blog è morto?

No. Siamo solo leggermente affaticati. Siamo spaesati.

Forse sono diventato troppo esigente con me stesso, e pretendo da me un qualcosa che non sono in grado di corrispondere.

Troppo lontano dalla vetta. Capace solamente di citazioni che io solo capisco.

Solo.

Eppure sono ancora qui. Come ancora qui siete voi, che pochi, ma coraggiosi, continuavate a venir qui ogni tanto. Dandomi una spinta.

Vuoto

Come l’attesa di una risposta che non arriva. Come il desiderio che non viene appagato. Quando vorresti con tutte le tue forze, eppure non c’è modo di esaudirti.

Vuoto come il silenzio.

Perchè non basta la musica, non bastano le grida, e non mi basta nemmeno più lo sballo.

C’è una vetta, inarrivabile, a cui miro per sentirmi vivo. Per poter vibrare di quella tensione umana che ci porta al limite, che ci permette di esser primavera.

Più cresci più i tuoi obiettivi diventano ambiziosi, e più questi obiettivi diventano difficili da raggiungere. E piano piano cominci a desiderare la fuga.

Non una città, non un nido. Non un luogo non un sentimento.

Forse si agogna solo ciò che non si ha. In un circolo di viziose bramosie.

E finisci per desiderare solo la carne di una ragazza non tua, solo il talento di un genio a te superiore, solo la pace di un silenzio a te sconosciuto.

Forse, cerchi solo due occhi più profondi dei tuoi. Dove perderti. Dove imparare a credere di nuovo.

Fino al prossimo terremoto, fino al prossimo silenzioso ribaltone.

E si va…come cieche bestie vanno, sempre in moto verso una quiete in tempesta.

Funereo




Caro amico di Cesena questo ormai e’ un dialogo tra noi due io che scrivo e tu che leggi e non scrivi piu’, leggerti e’ una goduria selvaggia, le iene al tuo confronto godono zero, il tuo bicchiere solitamente sempre meta’ vuoto e’ vuoto completamente ma dietro al tuo feretroso discorso monotematico, mi rimane sempre la nostalgia di leggerti..perche’ leggendo te mi rendo conto quanto sia bello vivere senza quell’assillo che ti accompagna o forse accompagnava, ma se cosi’ fosse mi mancherai, quindi resuscita e torna presto su questo schermo e ti ricordo cosi’, con un tuo scritto pieno di speranza di voglia di non vivere che ti lascia addosso una ventata di speranza nel futuro o forse nel passato anzi trapassato e mi ricordo quando dicevi..” Scrivo perché quando scrivo sono felice.” :

Un funerale? Cazzo è il mio!
Un problema alla testa, mi verrebbe da dire. Oppure forse è stato il fatto che ho odiato tutti, dal primo all’ultimo, dal primo all’ultimo minuto?
Però cavoli…eppoi è qui, qui vicino allo sterno, che mi si stanno condensando tutti i conati di coscienza. So chi sono io, me lo ha spiegato Freud. So perchè mi esprimo, so perchè faccio blablabla, me lo ha spiegato Derrida.
Troppo colto, troppo ignorantemente attaccato ad un particolare, come fosse il primo, con il desiderio di diventare un n-logo. Merda.
Prossima canzone. Parte questo valzer…mah!
E io intanto assisto al vostro ballo, e mi chiedo come sarebbe se mi piacesse come piace a voi. O come sarebbe se avessi le palle di sbraitare.
Morto. Come Mia Martini. Beh, sono in buona compagnia. Quantomeno.
Aspetto una sentenza. Anche se…sinceramente…non ho tanta voglia di saperlo. Meglio crogiolarsi nell’attesa piuttosto che scontrarsi con la realtà del “detto”.
Una canzone gitana. Almeno il mio funerale è divertente; voi ballate, vi parlate, sorridete.
Che peccato non esserci più.

Per te. Che hai detto detto eppoi non c’eri.
Per te. Che hai promesso eppoi hai preferito un adulatore al mio sincero interesse.
Per te. Che non leggi queste righe perchè è più difficile di giocare a FarmVille (Vaffanculo!)
Per te. Che con la panza nuda balli un ballo che mi avevi concesso.
Per te. Che preferisci tutto il resto.
Per te. Che continui a dire di capirmi, eppure non capisci nulla. E sei un niente.

Ormai è finito il tempo, mi concedo un ultimo bicchiere. Bianco, per favore.
Intanto un’immagine di me da bambino cammina verso il buio (o forse è immensamente chiaro?), cammina eppoi quando arriva in fondo inciampa e si volta indietro con gli occhi gonfi di lacrime.
No, non piangere.

Per te, che ridendo hai saputo spezzare i fili che tenevano insieme questo scatolone di burattini. E che mi hai privato anche del desiderio di mettere in fila i respiri. Che mi hai fatto stringere il volante più forte di quanto non avessi mai fatto. Che hai reso la spiaggia piena di cicche sigarette un’esotica spiaggia bianca di nuvola.
Che mi costringi a pensare al mio funerale, piuttosto che all’agonia di un giorno, e di quello dopo.

Niente amici perchè è più semplice; fortunato per via di un dono, che diventa una tettoia dove rifugiarsi, quando il mattino comincia a far bruciare la mia ombra di vampiro.
E quindi, da vampiro, rimango chiuso nella mia bara. E assisto al mio funerale.

Chiarisco




Tu proprio Tu (maiuscola) che non perdi queste parole, il post precedente era per un amico di Cesena, quindi hai pensato male ed era conseguente a questo che leggerai sotto, ripiazzato dopo un anno, so che l’amico legge anche se ha dato l’addio al blog a fine agosto .. son sicuro che lo leggera’, da qui non se ne esce come pensa di aver fatto lui e son solo tre settimane che e’ latitante..ecco un suo post e ripeto..suo e non mio e lo metto integrale…lo so che i matti non siamo noi, quindi analizza anche questo, ovviamente non sono i soliti post fatti con glitterate del chi piu’ ne ha piu’ ne metta con i saluti assorate azziate annonnate, questo e’ frutto di una mente che cerca e che vive e non vegeta ed e’ per questo che non trova ubicazione in questa valle di lacrime ma non trova nemmeno il coraggio di lasciare il treno.. le fermate sono molte, e’ un treno locale senza capolinea:

vaffanculo! Ogni giorno ogni cazzo di lacrima.
È un richiamo alle armi, tutta la vita, tutti i discorso di cui poi perdo il filo.
Ma quale filo?
Ma quale paratassi, ma quale ipotassi, ma quali schemi. Non esiste la vita, figurarsi l’evasione da essa, non esiste una cazzo di verità, figurarsi le risposte alle domande. Non ho capito se sono io che non ci arrivo.
E davvero ancora stanno cercando un modo di essere lineari? Ma non ti rendi conto che basta un bicchiere di grappa per perdere la linea retta del camino? Basta aver il coraggio di spostarsi trenta centimetri più in là e il mondo diventa un cazzo di 2d distorto e mostruoso che ti appare alieno. Vaffanculo!
Quale regola? Quale famiglia? Quale trascendenza se nemmeno ho capito come si mettono i piedi in fila? È come chiedere ad un bambino di tre mesi cieco di descriverti l’uso del colore piatto in Basquiat.
Grazie a dio (Dio?) il tempo passa dritto ed inesorabile e rende limitati i momento in cui l’universo ti crolla addosso e allora tu, come facevi quando avevi sedici anni, ti metti a battere su una tastiera di plastica (Plastica!!) cercando qualcuno a cui far leggere le tue mosse da ragazzina. Con tutto il rispetto per le ragazzine, almeno loro sono oche e non se ne rendono conto.
Cosa mi manca? Cosa cazzo mi manca???
Voglio poter guardar tutti negli occhi, non ci riesco a sentirmi un gradino più in basso. Non ce la faccio ad esser indietro. Me ne fotto se ho dieci anni in meno, se ho visto meno cose, se non ho ancora avuto la possibilità. Sono come il pilota che in autostrada vuole superare tutte le macchine. Continuerò a correre fino a quando un guardrail non si allungherà e mi ghermirà. E allora ciao.
E non ridete. Perché c’è un guardrail per ognuno di noi. Ognuno.
Cerco un modo diverso di dire le cose. Alla fine ritorno sempre su questa cazzo di tastiera.
colleziono complimenti però non colleziono soddisfazioni che durino più di due sillabe (o cinque se c’è anche la lode).
Sembra fatto apposta, non vai né avanti né indietro. Sono sempre qui. Sono sempre nello stesso cazzo di punto.
Un infecondo gusto del lamento, fine a se stesso, non creativo, non propositivo. Indietro di un milione di anni almeno.
Invidioso di tutti, anche se poi magari io ho di più, non importa.
La punteggiatura, la grammatica, l’insieme delle regole che mi dovrebbero condurre ad un nuovo alito. Invece no.
Cosa devo fare? Cosa devo fare? Cosa cazzo devo fare? Cosa cosa cosa cosa cosa cosa cosa cosa cosa cosa cosa? Cosa cosa cosa? Cosa?
Cosa?
Voglio arrivare, e una volta arrivato voglio ripartire e riarrivare. Non mi basta mai nulla (quindi non arriverò mai da nessuna parte). Chissà, magari anche Kieslowski o Kubrick poi non erano tanto soddisfatti quando riguardavano i loro film. film? devo fare un film? devo fare? Io voglio esplodere. Esser ricordato come il momento di cesura. Tra il prima e il dopo.
voglio essere la linea di demarcazione tra ciò che veniva prima di me e ciò che è venuto dopo. E non mi basta esser tra i migliori. Devo esser in cima. Devo arrivarci, eppoi salire, eppoi sbriciolare la montagna. Voglio esser un cannibale: la gente, se vuole, può accodarsi. Io voglio arrivare in cima ad un cima che non esiste. Perché so, lo so! che non nessun punto sarai mai un punto di arrivo.
Quindi qual è la soluzione a questa giostra? Devo passare tutta la vita a correre un maratona su un tapis-roulant?
E lascio un ellisse.
Dov’è il punto di fuga? Nella morte? Nella morte. Nella morte!? Non lo so, perché è incapibile. Devo fare la cosa più bella, devo fare qualcosa che incarni questa mia tensione verso il nulla?
Ma come si fa? Come come come come? Come?
Di sicuro non attraverso questi tasti di plastica, di sicuro non attraverso ai vostri limitati occhi. Di sicuro non attraverso un vocabolario. Devo poter prendere l’universo e modellarlo all’infinito, in un insoddisfatto tentativo di dargli una forma più perfetta di una sfera. Più sferica di una sfera.
Più rotondo.
Più tutto del tutto.
È una corsa verso l’annientamento.

Il perfetto Suicidio



Credo che il metodo migliore per suicidarsi sia spararsi un colpo in bocca. Mi raccomando in bocca e non alla tempia. Questo per un semplice motivo, se vi va male sparandovi alla tempia potreste ridurvi allo stato vegetativo ma non crepare, mentre invece se il colpo parte nella bocca questo causera’ l’esplosione della parte posteriore del cranio causando morte certa e state attenti a non sporcare la tappezzeria nuova, cercate di mettere la testa dimodoche’ il proiettile fuoruscendo non faccia danni, io ad es dovrei mettermi sul terrazzo con le finestre della vetrate aperte e disposto con la testa ad est.

Ovvio il sapore della pistola in bocca potra’ causare ripensamenti dell’ultimo minuto, ma se si vuole essere metodici fino alla fine non bisogna tralasciare queste cose e semmai spalmate sulla canna della nutella o del miele o del peperoncino..dipende dai vostri gusti.

Poi..Come dovrete pensare a scrivere un biglietto per spiegare il proprio gesto e ringraziare o maledire chi ci e’ stato accanto in vita, unito a cio’ magari indicazioni sul funerale potrebbero essere gradite, non so … io per esempio vorrei mi fosse suonata fuori dalla Chiesa qualcosa di particolare e venir sepolto nel piccolo cimitero dove il sole non batta sempre…diciamo per mezza giornata. Non c’e’ motivo alcuno per queste scelte dato che quando sei morto sei morto, pero’ cosi’…un certo qual gusto da esteta per la morte rimane.

Altro metodo sperimentato dagli antichi e’ tagliarsi le vene immergendosi in una vasca d’acqua calda, il trapasso e’ dolce, quasi cadere in un sonno profondo. Ciononostante personalmente preferisco il primo dato che e’ molto piu’ semplice, piu’ sbrigativo, non permette ripensamenti. Pensare che era meglio vivere quando ti resta un litro di sangue nel corpo potrebbe causare del disappunto e lasciarti quel disgusto di fallito suicida.

Altra parentesi e’ per l’omicidio suicidio per il quale consiglio di calcolare bene i colpi della pistola o del fucile onde evitare di rimanere senza.

Ultima cosa ritornando al discorso lettera da lasciare, dato che e’ l’ultimo ricordo che lasciate dietro di voi in seguito a un gesto che forse pochi capiranno cercate di scrivere bene, con una buona prosa, magari essendo coincisi e controllando bene la punteggiatura e non scrivete i vari accorciativi del tipo azz. Ovviamente non dimenticatevi nessuno, idem per quanto riguarda il testamento.

Detto questo non credo mi suicidero’ mai, anche se dalla vita non posso escludere nulla, perche’ per natura non sono portato a farlo. In teoria sarei propenso ad uccidere, ma solo in teoria dato che in pratica ci si augura che non capiti mai.

Se mai in questo blog leggerete un messaggio di addio in cui dico di essermi suicidato (o meglio di avere la volonta’ di farlo dato che se mi sparo non scrivo sul blog contemporaneamente) vorra’ dire che sono venuto meno alla premessa e la cosa non mi piace per niente.

Concluso questo… sconsiglio vivamente.. lancio nel vuoto (troppi secondi per riflettere che avete sbagliato scelta), il veleno (troppa sofferenza per un ultimo gesto e una lavanda gastrica vi puo’ salvare a volte), le coltellate nello stomaco (idem per il veleno togliendo la lavanda e mettendo un chirurgo) e l’impiccagione poiche’ difficile da attuare e rischiate di spezzare la corda o di tirarvi in testa il tubo della doccia. Cio’ potrebbe essere umiliante e farvi cambiare idea sulla possibilità di ammazzarvi.

Ricordate.. dobbiamo tutti morire prima o poi e io calcolo che, escludendo tutto, se muoio per morte naturale ho ancora 10 o 15 anni circa di vita. A volte puo’ essere piacevole pensare di morire come meglio vi aggrada predisponendo tutto alla perfezione e se vi ammazzate in piu’ farete sentire in colpa chi vi ha condotto a questo gesto avendo un’ultima vostra vendetta e contribuirete in parte a risolvere il problema della fame nel mondo e del sovrappopolamento.

Ultimo consiglio e’ che da tempo in Olanda,Belgio. Inghilterra e Suisse si puo’ acquistare il kit per la “dolce morte”.. si vende in farmacia e costa solo 60 euro,(in Inghilterra 35 Sterline e la piu’ economica) ovviamente non rimborsabili dalla mutua. Il kit non e’ altro che una scatolina con cinque fiale, qualche siringa usa e getta e un foglietto per le istruzioni. Si trova in 250 farmacie del Paese. Nel cofanetto ci sono tre ampolle da 20 ml di Pentothal, potente barbiturico da somministrare, due fiale da 10 milligrammi di Norcuron, paralizzante da tenere come farmaco di riserva e qualche dose di sonnifero come alternativo consiglio vivamente la bottiglia di grappa e ovviamente non linko indirizzi..ma sapete usare i motori di ricerca no?

Nel post precedente davo ragione ad Epicuro quando esortava a non temere la morte perche’ scriveva…Quando c’e’ lei non ci sei tu, quando ci sei tu non c’e’’ lei”. Infatti non e’ della morte che dobbiamo preoccuparci, una condizione inevitabile la sola certezza che abbiamo.. l’abbandono della vita, li’ s’annida il problema c’è nel suicidio consapevole responsabilmente esercitato (perche’ anche il suicidio puo’, diventare una futilita’) una traccia della virtu’ romana antica. Il desiderio di restare padroni di se’, di congedarsi dalla vita senza doversi vergognare e rer assurdo ricordatevi pero’ potreste fare un servizio alla comunita’, pensateci attentamente.

Ricerca di felicita’



A qualcuno per essere felice manca solo di avere la felicita’. Mi ricordo su post miei precedenti che citavo Epicuro che la gente di allora e si parla di 3 o 4 secoli prima di Cristo, aveva dei pirletti invidiosi come conoscenti che lo disprezzavano per il suo modo di essere, a quell’epoca quando uno non faceva un cazzo era un filosofo e sinceramente tutti quei nomi legati al tempo in cui viveva Epicuro mi erano pizzosi ma qualche cosa e’ rimasta nel mio cervello che per atrofizzato che sia ogni tanto libera degli sprazzi e mi ricordo la sua teoria sulla morte e diceva che non bisognava aver paura necessariamente della morte in quanto quando noi siamo vivi ovviamente la morte non c’e’ e quando ci sara’ la morte noi non saremo piu’ vivi, quindi dove sta il problema? Basta non farselo no?, Il Buon Epicuro in merito alla felicita’ diceva o anzi la cercava semplicemente nella compagnia con gente a lui simpatica nel mangiare pane secco con lo sbordo domenicale di qualche pezzo di formaggio, chiaramente ste frasi lasciano il tempo che trovano e voglio vedere come si possa esser felici e pensare che la felicita’ non richiede ne grandi ricchezze ne’ particolari doti intellettuali..agli effetti se vuoi guardate lo scemo del villaggio, non lo vedrete infelice ma solo uno che vive nel suo mondo senza farsi troppi problemi e senza stress.. I presupposti della felicita’ sono quattro e come prima cosa metto la salute ovviamente, poi ci infilo una situazione economica che mi permetta di isolarmi dalla miseria poi ci metto dei buoni rapporti personali quali amicizia, amore , armonia familiare e tralascio il fisco e per ultimo ci sbatto dentro il Lavoro..anche questo incide perche’ se ci pensate bene voi passate piu’ tempo sul lavoro che con le altre cose e poi dovrete avere degli introiti per far reggere gli altri punti no?.. A questi punti citati ovviamente occorre piazzarci una naturale predisposizione alla gioia di vivere del tipo di avvicinarsi al prossimo con cordialita’ e simpatia. Non occorre chiedere alla vita piu’ di quanto vi puo’ dare..poi occorre avere una capacita’ a sopportare la noia poi avere degli interessi laterali del tipo hobby, viaggi, letture, computeraggio…continuo con la necessita’ di avere un equilibrio tra lo spirito combattivo (senza fare nomi) e la rassegnazione ..insomma fare il meglio che si puo’ e lasciare al destino il risultato.

Umppfff..senza tralasciare il fatto che i piu’ grossi ostacoli alla felicita’ sono l’invidia (c’e’ gente che invece di provare goduria per quel che si ha soffre per quello che hanno gli altri..no?)..ed e’ anche un ostacolo la ricerca del successo sociale e non dovete negare che questo non sia un ingrediente della felicita’..provate a pensarci bene..non dico che sia un ingrediente importantissimo in quanto da solo non basterebbe a soddisfare la felicita’, potrete essere ricchi e ammirati ma se non avrete nessun amico, nessun interesse, nessun piacere spontaneo..sarete sempre infelici.