Archivi

Il Cashback e’ una truffa ma non cielodikono

 

 

 

Il Piano Italia Cashless, ossia l’origine legislativa del Cashback di Stato che ha preso il via in questi giorni, è un progetto che ha duplice finalità: stimolare gli acquisti in store e farlo attraverso i pagamenti digitali tracciabili.

Le finalità (al netto di un inizio difficoltoso, ma ora le procedure sono rientrate sui binari e si dovrebbe procedere senza ulteriori difficoltà) sono chiaramente nobili: alimentare la spesa per rilanciare l’economia durante il periodo natalizio e convertire gli italiani ai pagamenti cashless per avvicinarci a quella media europea da cui siamo ancora troppo lontani.

Eppure, in molti casi, il messaggio che passa è esattamente quello contrario.

Il cashback è una truffa ma non cielodikono

Come si può essere contrari al cashback pensando che sia tutta una grossa montatura che toglie denaro “al popolo”? Come può, un programma che elargisce denaro per distribuire potere di spesa, essere visto come un ostacolo? Ecco un esempio, uno su molti:

 


Attenzione a questo fenomeno: si tratta di qualcosa che ha estrazione sociale e valenza politica non indifferenti, qualcosa che si può riassumere in quel “noncielodikono” che sta diventando qualcosa di ben più ampio di una semplice canzonatura.

 

Il popolo dei “noncielodikono” sta vivendo infatti una frattura sempre più ampia rispetto ad uno Stato che vedono come lontano, tracotante, vicino alle “banche” e ai “poteri forti”, vessatore dei cittadini il cui destino è tenuto in ostaggio da indefiniti interessi alti e altrui.

Il popolo dei “noncielodikono” vive un quotidiano “loro contro noi” che ognuno declina alla propria maniera.

Grazie ai social network, però, quel che sarebbe sdegno, indignazione, rassegnazione e sfiducia nello Stato (emozioni liquide che cambiano forma e intensità a seconda degli eventi) diventa materia solida che aggrega.

Il cittadino indignato, grazie ai social, non si sente più solo, ma forte e sottorappresentato.

Cerca un portavoce e lo fa dapprima condividendo meme e quindi proiettando il proprio voto verso forze politiche che, non a caso, in senso del tutto trasversale, stanno assumendo toni, modi e argomenti propri di queste crescenti sacche di rabbia diffusa.

Tuttavia sono proprio gli argomenti ad essere la parte più debole: trattasi di argomenti che non si basano sulla consapevolezza, ma più precisamente nell’ignoranza.

Mettiamo le mani avanti: per “ignoranza” si intende precisamente il senso dell’ignorare, del “non conoscere” e del “non curarsi di sapere”.

Ignorare come funziona il cashback, ad esempio, può portare facilmente a fraintendimenti attraverso uno storytelling deviato che costruisce su piccole falsità grandi miscredenze.

I meme anti-cashback dei “noncielodikono”

Un esempio sta nel testo indicato sopra e cioe’

 

che in queste ore molti iniziano ad incrociare sulle proprie bacheche:

 

per chi non l’avesse gia’ letta, ecco la lettera per intero:

Sul CASHBACK•

Supermercato:
Signora sessantenne alla cassiera.
: voi non avete il programma cashback ?!
: no signora per volontà della proprietà noi non l’abbiamo attivato
: è uno scandalo, non verrò più qui a fare la spesa!

Vedendo il trambusto mi avvicino con il direttore.
: signora buongiorno, sono il proprietario, posso aiutarla in qualche modo ?
: la vostra dipendente mi ha impedito di usare il cashback se lo sapevo non venivo neanche.
: no signora, non dipende dalla cassiera, ma da me. Il criminale sono io. Sono io che ho rifiutato di installarlo. Ma non si preoccupi, le faccio io un buono spesa del 10% sulla sua spesa di oggi.
La signora rimane interdetta
: ma perché non l’ha fatto installare ?!

Perché vede, cara signora, in Italia ci sono, con certezza, almeno sette milioni di coglioni. E la cosa preoccupante è che il numero è destinato a salire…

Circa 7 milioni di italiani hanno scaricato, ad oggi, la app per partecipare al cashback degli scontrini con annessa Lotteria di Stato.

Degli ignoranti, innanzitutto perché credono davvero che questa sia una alzata d’ingegno dei soliti politici mediocri per rilanciare i consumi. Invece serve a tutt’altro…

La signora è incuriosita e perplessa.

Vede, per tutti gli acquisti fatti con bancomat o carta di credito dall’8 al 31 dicembre vi valutano il 10% della spesa come cashback per un totale massimo di 150.00€ . Ve li riaccreditano a febbraio. Non sapete però, che il rimborso massimo è di 15.00€ a transazione. Che voi spendiate quindi 1500.00€ o 150.00€ il rimborso sarà sempre 15.00€. Che nel caso di 1500.00€ non è il 10%. Bensì l’1%. Gli acquisti on-line non valgono, alcune carte di credito non valgono e per accedere al programma dovrete fare minimo 10 acquisti. Il che si traduce che per ottenere i famosi 150.00€ massimi di bonifico, dovrete spendere 1500.00€ in dieci transazioni da 150.00€ l’una. Voglio proprio vedere sette milioni di italiani che spendono 1500.00€ in dieci operazioni per fare regali. Sapete come finirà? Che userete il cashback soprattutto nei supermercati come i miei, e lo dico contro i miei interessi, per fare la spesa. Ingrassando solo le casse delle banche, che per ogni transazione vi preleveranno minimo 2.00€ di commissioni, intascando 20.00€ ad italiano, e le casse dei grandi gruppi di distribuzione organizzata che fatturano diverse centinaia di milioni di euro ogni anno. Altro che negozi di prossimità…

La signora cerca una scappatoia…
: guardi io ero contraria poi mi ha convinto mio marito che è più tecnologico.

Non è finita cara signora: dal 1 gennaio a chi avrà fatto almeno 50 transazioni con bancomat riconosceranno un ulteriore 10%, per un massimo di 300.00€ (compresi i 150.00€ di dicembre). Con 50 transazioni bancomat avrete speso certamente 100.00€. Per farvene rimborsare 50.00 netti. Cioè una media di 0.1 centesimo di euro al giorno. Chi avrà ingrassato di più le banche potrà poi partecipare alla Lotteria degli Scontrini. Vincendo 1500€.

E per finire signora non le dicono che per adeguare le casse al cashback il negozio deve sostenere una spesa non detraibile compresa tra i 100€ ed i 350€. E non solo: io negozio ricevo il pagamento dopo 7 giorni dalla transazione. In quei sette giorni le banche guadagnano con la valuta virtuale e gli interessi al capitale.

: ma allora mio marito si è lasciato infinocchiare… stasera quando torna a casa gli dico che è stato proprio un cretino!
: signora non si preoccupi, lei prelevi al bancomat e paghi con i contanti. Poi mi mandi qua suo marito che facciamo un buono anche a lui!

: grazie molte per avermi spiegato tornerò sicuramente a fare la spesa usando il buono.

DIAMOCI UNA SVEGLIATA!!!
Riimpariamo a ragionare con la nostra testa e non come un gregge di pecore!!!

ED ORA ASFALTIAMO QUESTO POST

Asfaltare” (per usare un termine proprio di un certo mood online) questo testo è estremamente semplice, poiché denso di falsità. Iniziamo a spulciare la lettera:

Supermercato:
Signora sessantenne alla cassiera.
: voi non avete il programma cashback ?!
: no signora per volontà della proprietà noi non l’abbiamo attivato
: è uno scandalo, non verrò più qui a fare la spesa!

In realtà non c’è nulla da attivare da parte dell’esercente: non è una scelta del negoziante, ma del cittadino tramite app IO.

Il negoziante non ha la minima operazione da compiere, deve soltanto accettare il pagamento in formato digitale e proseguiamo l’asfaltatura:

Vedendo il trambusto mi avvicino con il direttore.
: signora buongiorno, sono il proprietario, posso aiutarla in qualche modo ?
: la vostra dipendente mi ha impedito di usare il cashback se lo sapevo non venivo neanche.
: no signora, non dipende dalla cassiera, ma da me. Il criminale sono io. Sono io che ho rifiutato di installarlo. Ma non si preoccupi, le faccio io un buono spesa del 10% sulla sua spesa di oggi
.

Di nuovo: non è né la cassiera a decidere, né il “proprietario” (sebbene in questi ruoli ci siano già molti degli elementi propri delle favole di Propp: la persona indifesa in cui identificarsi, l’aiutante buono che offre la giusta direzione, il problema da affrontare per sopravvivere, la soluzione a portata di mano). E soprattutto, benché sia raccontato come un aneddoto vero, non c’è alcun “proprietario” che propone buoni del 10% per pagare di tasca propria qualcosa che paga invece lo Stato. Sarebbe una follia, oltre che un controsenso.

Coniuiamo con:

La signora rimane interdetta
: ma perché non l’ha fatto installare ?!
Perché vede, cara signora, in Italia ci sono, con certezza, almeno sette milioni di coglioni. E la cosa preoccupante è che il numero è destinato a salire…
Circa 7 milioni di italiani hanno scaricato, ad oggi, la app per partecipare al cashback degli scontrini con annessa Lotteria di Stato.

Propp prevedeva che nelle favole ci fosse anche l’elemento magico, e così è: magicamente il “cashback” e la “lotteria degli scontrini” diventano una cosa sola benché programmi ben differenti. Sia chiaro: non si tratta di difenderli (abbiamo già espresso la nostra contrarietà alla gamification e ad un certo tipo di rapporto Stato-Cittadino), ma di farne una corretta narrazione poiché dalla confusione non nasce nulla di buono. Tutti i dettagli sul cashback sono qui, tutti i dettagli sulla lotteria degli scontrini sono invece qui.

Ma il peggio deve ancora venire:

Degli ignoranti, innanzitutto perché credono davvero che questa sia una alzata d’ingegno dei soliti politici mediocri per rilanciare i consumi. Invece serve a tutt’altro…
La signora è incuriosita e perplessa.
Vede, per tutti gli acquisti fatti con bancomat o carta di credito dall’8 al 31 dicembre vi valutano il 10% della spesa come cashback per un totale massimo di 150.00€ . Ve li riaccreditano a febbraio. Non sapete però, che il rimborso massimo è di 15.00€ a transazione. Che voi spendiate quindi 1500.00€ o 150.00€ il rimborso sarà sempre 15.00€. Che nel caso di 1500.00€ non è il 10%. Bensì l’1%. Gli acquisti on-line non valgono, alcune carte di credito non valgono e per accedere al programma dovrete fare minimo 10 acquisti. Il che si traduce che per ottenere i famosi 150.00€ massimi di bonifico, dovrete spendere 1500.00€ in dieci transazioni da 150.00€ l’una.

Il tasso di inesattezze cresce a dismisura. Infatti i 1500 euro non devono essere giocoforza raggiunti con transazioni da 15 euro, poiché qualunque cifra concorre al raggiungimento della spesa massima. Inoltre tutti i termini del progetto sono chiari ed espliciti, dunque non è che “noncielodikono”, ma “nonciinformiamo” semmai. Infine, l’accredito arriva entro 72 ore ed è versato entro 60 giorni dal termine del periodo di riferimento. I primi accrediti testimoniano che il programma sia correttamente partito e funzionante proprio in questi termini. Ma il messaggio (già virale coi negazionisti acerrimi a colpi di copia/incolla) continua:

Voglio proprio vedere sette milioni di italiani che spendono 1500.00€ in dieci operazioni per fare regali. Sapete come finirà? Che userete il cashback soprattutto nei supermercati come i miei, e lo dico contro i miei interessi, per fare la spesa. Ingrassando solo le casse delle banche, che per ogni transazione vi preleveranno minimo 2.00€ di commissioni, intascando 20.00€ ad italiano, e le casse dei grandi gruppi di distribuzione organizzata che fatturano diverse centinaia di milioni di euro ogni anno. Altro che negozi di prossimità…

Non bisogna fare giocoforza 10 operazioni a valore fisso di 150 euro per avere il cashback: basta farne più di 10 con valore minore. Basta ragionare 1 secondo per capire che questi limiti sono stati impostato proprio per evitare di dare soldi ai più ricchi, per alimentare il cashback sulla maggioranza della popolazione. Ciò non solo è giusto ed equo, ma è anche una forma di redistribuzione virtuosa. Inoltre non c’è alcuna commissione sul pagamento (semmai, in termini proporzionati e che sicuramente in futuro andranno ridiscussi tra le parti in causa), quindi il calcolo dei 2 euro intascati per ogni transazione sono una bufala senza capo né coda.Poi:

La signora cerca una scappatoia…
: guardi io ero contraria poi mi ha convinto mio marito che è più tecnologico.

Il luddismo si fa tangibile in questa frase, dove la parte del cattivo è nella tecnologia. L’innovazione, uno strumento del male, fonte del buio, inizio della voragine, incarnazione della paura. Ora il carico da 10:

Non è finita cara signora: dal 1 gennaio a chi avrà fatto almeno 50 transazioni con bancomat riconosceranno un ulteriore 10%, per un massimo di 300.00€ (compresi i 150.00€ di dicembre). Con 50 transazioni bancomat avrete speso certamente 100.00€. Per farvene rimborsare 50.00 netti. Cioè una media di 0.1 centesimo di euro al giorno. Chi avrà ingrassato di più le banche potrà poi partecipare alla Lotteria degli Scontrini. Vincendo 1500€.

Su questo passaggio c’è poco da aggiungere: non c’è nulla di vero, tutto è mescolato ad arte.

Come correggere qualcosa che è completamente confuso, se non dicendo semplicemente che è una falsità?

L’origine è quella del cashback “extra” che vuole premiare i cittadini virtuosi che spostano in digitale anche il pagamento del caffè, moltiplicando il numero delle transazioni.

Ma il tutto è spiegato dolosamente male per far passare ben altro messaggio.

E per finire signora non le dicono che per adeguare le casse al cashback il negozio deve sostenere una spesa non detraibile compresa tra i 100€ ed i 350€. E non solo: io negozio ricevo il pagamento dopo 7 giorni dalla transazione. In quei sette giorni le banche guadagnano con la valuta virtuale e gli interessi al capitale.

Signora mia, “noncielodikono”. Ma in questa chiusura c’è una ulteriore falsità, ossia il costo necessario per adeguarsi al cashback. In realtà si tratta di una spesa dovuta per adeguarsi allo scontrino elettronico, qualcosa che è stato pensato per combattere l’evasione fiscale. E l’evasione fiscale va combattuta eccome.

: ma allora mio marito si è lasciato infinocchiare… stasera quando torna a casa gli dico che è stato proprio un cretino!
: signora non si preoccupi, lei prelevi al bancomat e paghi con i contanti. Poi mi mandi qua suo marito che facciamo un buono anche a lui!

In questo messaggio c’è l’appello finale: paghiamo in contanti, alimentiamo il nero, c’è una ricchezza da redistribuire nell’economia sommersa. E il marito tecnologico si prenderà del “cretino!“, lui che ha uno sconto del 10% automatico per ogni spesa che va a fare mentre la moglie, con l’ingenuità di un Cappuccetto Rosso, crede al Lupo. E si va al gran finale:

: grazie molte per avermi spiegato tornerò sicuramente a fare la spesa usando il buono.
DIAMOCI UNA SVEGLIATA!!!
Riimpariamo a ragionare con la nostra testa e non come un gregge di pecore!!!
Cit.

Finalmente su una frase siamo d’accordo con il popolo del “noncielodikono”: diamoci una svegliata! Reimpariamo a ragionare con la nostra testa e non come un gregge di pecore! Quindi facciamo come loro: se vedete questo messaggio sulle vostre bacheche, girategli questo articolo. Quel “cretino” del marito della signora lo farebbe o magari glielo invio io.

 

Il mistero della Torre del Diavolo.

 

 

 

Un mistero geologico antico oltre cento milioni di anni per una grande roccia che spunta dal nulla ed e’ cosi’ surreale da essere stata in passato utilizzata per il film “incontri ravvicinati del terzo tipo”.

Ha stregato anche Steven Spielberg Devils Tower, la torre del diavolo.. un picco alto 386 mt ad una altitudine di 1.558mt  dalle origini misteriose formata da centinaia di pilastri di basalto, attorno a cui e’ stato fondato l’omonimo parco nazionale del Wyoming.

Si tratta di un picco sacro per Lakota, Cheyenne e Kiowa, che considerano ogni genere di turismo – in particolare le scalate – un vero sacrilegio.

Il nome originale, in realta’, non c’entra niente con il diavolo.

In lakota era Mato Tipila, che significa Torre dell’orso.

Una leggenda narra che questo monte di rara bellezza sia abitato dal Grande spirito che salvo’ sette bambine minacciate da un orso mentre raccoglievano dei fiori.

E che i solchi sui lati del monte sarebbero proprio le incisioni degli artigli degli orsi lasciati mentre questi tentavano di arrampicarsi.

Questo perche’ la sua origine è ancora oggi un mistero.

La teoria piu’ accreditata è che si possa trattare di roccia lavica, «sparata» dalla violenta eruzione di un vulcano.

I geologi contemporanei concordano sul fatto che la sua roccia sia stata formata dal magma, ma non sanno esattamente come questo processo sia avvenuto.

 

 

La foresta storta.

 

 

 

 

Sembra un luogo incantato, l’ambiente perfetto per una fiaba creato da un maestro degli effetti speciali.

Invece e’ una foresta che esiste veramente a Gryfino, nel nord della Polonia, che ha una particolare caratteristica.. tutti gli alberi hanno una strana curva alla base del tronco.

Si tratta di uno spazio verde conosciuto come la “Foresta storta”, dove circa 400 pini hanno la stessa piega alla base del tronco. Nonostante la strana curva a forma di C, tutti gli alberi sono cresciuti in altezza, apparentemente non ostacolati dalla forma che li distingue.

Il fenomeno ricorda in qualche modo i “crop circles”, i cerchi nel grano formati dalle piante piegate e non danneggiate, ma l’origine e’ ancora un mistero.

Tra le ipotesi c’e’ quella della mancanza di luce, che avrebbe obbligato i fusti a quella insolita piega.

C’e’ anche quella di un popolo alieno che l’ha piantata per poi utilizzare nel futuro la classica piega tipica delle infrastrutture senza aver necessita’ di utilizzare il vapore.

La “Foresta storta” ha circa 80 anni, e un’altra teoria ipotizza il passaggio di carri armati durante la Seconda Guerra mondiale che avrebbe segnato per sempre i giovani arbusti.

Oppure si pensa che i pini siano stati piantati negli anni trenta forzando la formazione della piega perché i tronchi erano destinati a essere usati per costruire qualcosa di particolare, un progetto poi vanificato. 


 

 

L’incendio che dura da cinquant’anni.

La storia e le foto del paesino di Centralia, in Pennsylvania, svuotato dalle fiamme sotterranee che da decenni bruciano un enorme deposito di carbone.

Se si cerca su Google Maps “Centralia, Pennsylvania“, appare un reticolo regolare di strade che si intersecano ad angolo retto come quello di tanti paesini degli Stati Uniti. La funzione Street View permette anche di fare un giro virtuale per Centre Street, la via principale che attraversa Centralia: e allora si può vedere come gli isolati siano occupati quasi interamente da spiazzi vuoti, le piante crescano libere fino a invadere le strade e in giro si vedano pochissime auto o persone.

I dati del censimento del 2010 dicono che oggi gli abitanti del paese sono dieci, nove dei quali hanno più di cinquant’anni.

Centralia è una città fantasma, come ce ne sono molte negli Stati Uniti e in tutto il mondo: ma quello che è più interessante è il motivo per cui i suoi abitanti hanno deciso di andarsene.

Il motivo è un incendio che brucia nel sottosuolo della città da cinquant’anni.

Un incendio che si estende oggi per circa 1,5 chilometri quadrati nei filoni di terreno carbonifero sotto il livello del suolo, consumandolo a una velocità stimata di diverse decine di metri l’anno.

La temperatura del terreno vicino all’incendio è di circa mille gradi, mentre sulla superficie ci sono crolli e crepe da cui salgono sbuffi di fumo.

All’inizio degli anni Sessanta, Centralia era un paesino di circa 1.100 persone nella Pennsylvania centro-orientale, una zona attraversata dai monti Appalachi e molto ricca di carbone: sotto il paese si trova infatti un grande filone di antracite, il tipo di minerale in cui il carbone è presente in percentuali più alte, oltre il novanta per cento.

Alla fine di maggio del 1962, per cause mai chiarite (forse un incendio controllato di rifiuti, che veniva ordinato ogni anno dal comune), si sviluppò un incendio in una miniera di antracite a cielo aperto appena fuori dal paese.

Il fuoco passò ai filoni sotterranei del minerale, che ha un colore nero e lucidissimo e ha una caratteristica particolare: è molto difficile da incendiare, ma una volta che le fiamme attecchiscono sono quasi impossibili da spegnere.

Il fuoco, alimentato da alcuni cunicoli esplorativi che forniscono l’ossigeno necessario a tenerlo vivo, produce molto calore, ma poche fiamme e poco fumo.

People raccontò nel giugno 1981 che l’incendio sotterraneo sarebbe potuto essere estinto subito, spendendo circa 50.000 dollari, ma le autorità statali e federali volevano che metà dei soldi venissero dalla contea di Columbia, dove si trova Centralia.

La contea non aveva i soldi e la soluzione del problema venne rimandata, forse sperando che le fiamme si sarebbero spente da sole.

Dopo di che, dell’incendio sotto il suolo di Centralia non si sentì parlare per un bel pezzo.

Centralia divenne improvvisamente famosa in tutti gli Stati Uniti il giorno di San Valentino del 1981, quando un ragazzo di 12 anni di nome Todd Dombowski venne inghiottito da una buca che si aprì nel terreno vicino a un albero nel giardino di sua nonna.

Sprofondò per circa due metri nella terra fangosa e riscaldata dal vapore, prima di rallentare la caduta grazie alla radice di un albero. Sotto di lui si apriva una buca di decine di metri.

Sarebbe morto rapidamente a causa del denso fumo ricco di monossido di carbonio, se un altro bambino non avesse sentito le sue grida aiutandolo a uscire dalla buca.

La temperatura del terreno nel giardino dietro la casa della nonna di Todd venne misurata e risultò intorno ai 300 gradi centigradi.

Fino ad allora, l’incendio aveva già causato un crollo e aveva danneggiato l’autostrada vicino al paese, mentre i residenti notavano che i piani delle loro case a contatto con il terreno erano più caldi del normale.

Ma nell’arco di poche settimane dopo l’episodio di Todd Dombowski, la frequenza dei crolli accelerò e le buche nel terreno divennero centinaia.

Tutti i mezzi di comunicazione nazionali si occuparono del caso, e il governo federale decise allora di approvare un piano definitivo per Centralia, mentre i residenti si affrettavano a installare nelle loro abitazioni costosi rilevatori del livello di monossido di carbonio e dell’ossigeno, che facevano suonare un campanello nel caso in cui l’aria degli ambienti fosse diventata irrespirabile.

L’United States Bureau of Mines stimò che la soluzione più economica per estinguere l’incendio sarebbe costata la cifra, allora enorme, di 20 milioni di dollari e i pompieri locali provarono, con scarso successo, a pompare migliaia di litri di acqua in alcune gallerie.

Nel 1984 il governo stanziò 42 milioni di dollari per comprare ad una ad una le case della città e demolirle dopo il trasferimento degli abitanti: nel 1992 il processo si era quasi concluso, dopo una serie di accordi molto vantaggiosi per i cittadini.

Negli altri paesi della zona, come ha scritto il quotidiano online The Morning News in un articolo di giovedì scorso, ancora oggi si parla con una malcelata invidia di chi riuscì a diventare “ricco” con i soldi del governo, andando ad abitare fuori da Centralia.

Ma non tutti se ne volevano andare. Nel 1992 erano rimasti nel paese 53 proprietari di case che non avevano intenzione di accettare l’accordo proposto dal governo.

Per risolvere la situazione, il governatore democratico della Pennsylvania Bob Casey (ma di quei democratici “di destra”, anti-abortisti e favorevoli alla vendita di armi) dichiarò l’esproprio dell’area di Centralia per motivi di pubblica sicurezza.

Dopo le demolizioni, il paese di vent’anni fa era già molto simile a quello che è oggi: le strade in rovina che attraversano grandi spazi deserti, con i cartelli stradali ancora tutti al loro posto mentre la foresta si espande lentamente.

Alcuni chilometri dell’autostrada che passa vicino a Centralia, la Pennsylvania Route 61 che attraversa lo stato, sono stati definitivamente abbandonati nei primi anni Novanta e sostituiti da un nuovo tracciato che aggira l’area interessata dall’incendio. L’asfalto del tratto abbandonato, pieno di crepe e di buche, è ricoperto di graffiti.

Gli ultimi abitanti rimasti che, con l’esproprio, non dovevano più pagare tasse locali non vennero sfrattati subito, rimanendo ancora per molti anni nelle loro case.

Le autorità sostengono che la zona è pericolosa e che il monossido di carbonio liberato dall’incendio si infiltra dal terreno nelle case, con alto pericolo di intossicazioni letali.

Ma il ristretto numero di persone che è ancora rimasto non è di quest’idea, e negli ultimi anni sta sostenendo con decisione il fatto che l’esproprio è solo una scusa per poter ricominciare a scavare i 25 milioni di tonnellate di antracite che sta sotto i loro piedi.

I visitatori si sentono dire, dagli anziani rimasti nel paese, che stanno solo cercando di conservare quello che è loro e che non concepiscono che il governo venga e si prenda con la forza le loro case.

Molti degli abitanti sono ultrasettantenni, che hanno vissuto gran parte della loro vita camminando ogni giorno sopra l’incendio, e si dicono convinti che contro di loro sia in atto un complotto del governo o delle grandi società minerarie e dell’energia.

Hanno fatto diversi ricorsi contro l’esproprio, perdendoli tutti, ma come strumento di resistenza cercano di mantenere almeno la finzione di un’autorità comunale attiva e funzionante.

Un articolo di un piccolo quotidiano locale ha descritto, nel febbraio del 2011, una seduta del consiglio comunale di Centralia: il sindaco e due consiglieri si riunirono per dieci minuti e deliberarono il pagamento di una bolletta della luce di 92 dollari, la cifra spesa per le luminarie natalizie nella città.

Fino a quando esistera’ il comune di Centralia, dicono i residenti, i diritti di sfruttamento minerario resteranno a loro.

Con soli dieci abitanti, senza più un ufficio postale dal 1997, nessun negozio aperto e neppure un codice di avviamento postale, del paese di Centralia non resta più molto.

Ma la sua storia e lo scenario desolato, con le decine di piccole buche nel terreno da cui escono piccole colonne di fumo, attirano migliaia di turisti ogni anno, in particolare da Philadelphia, che e’ a solo due ore di macchina.

Centralia, comunque, sembra essere destinata a essere dimenticata, a causa del fuoco che si mangia il terreno sotto di essa: l’attrazione principale della zona è il parco di divertimenti di Knoebels, che attira 1,3 milioni di visitatori l’anno e si trova a pochi chilometri di distanza.

 

Natale 2020.

160x120 (sexy gif fumetti porno con 32 colori - 118,6 KB)

 

Datosi che siamo ad un paio di settimane dalle feste Natalizie, senza tema dissacrante vorrei solo ricordarVi come mai sulla punta dell’albero di Natale ci sta sempre un piccolo angelo.

La storia e’ lunga e cerco solo di fare un sunto.

Una vigilia Babbo Natale si stava preparando per il suo giro annuale per dare doni ai bimbi buoni ma non appena si infilo’ i suoi pantaloni rossi preferiti, questi si fecero craaaaack e si strapparono.

Allora senza dire parolacce di sorta dovette indossare un altro paio che gli stava moooolto ma moolto stretto causa i recenti lockdown e gli rendeva i movimenti difficoltosi senza scendere nei particolari dello sferisterio pseudo riproduttivo.

Ando’ allora a vedere come andavano i preparativi nel reparto giocattoli ma vide che i folletti erano in sciopero come i negazionisti virussonei italici.

Vabbuo’..

Uscendo per controllare le renne, si accorse che erano ammalate e una di queste era pure gravidanza isterica.

A questo punto Babbo Natale incomincio’ ad incazzarsi sul serio e per darsi una calmata ando’ in cucina per versarsi un bicchiere di vino, ma trovo’ la bottiglia vuota.

Ora era veramente iperincazzato!

Tutto ad un tratto si senti’ bussare alla porta.

Babbo Natale era troppo nervoso per prestare attenzione a quel rumore.

Senti’ bussare di nuovo, ma questa volta piu’ forte e penso’ fossero i testimoni di Geova, quindi ando’ verso la porta rosso in viso, la spalanco’ e vide un piiiiccolo angelo che chiedeva…

Ciao, Babbo Natale! Ho qui l’albero… dove lo devo mettere?……….

Forza ragazzi che le isti tuzioni vi metteranno tutti in zona yellow e potrete contagiarvi senza problemi cantando

Jingle bells, jingle bells
Jingle all the way
Oh, what fun it is to ride
In a one horse open sleigh

Hey, jingle bells, jingle bells
Jingle all the way


Oh, what fun it is to ride
In a one horse open sleigh

Jingle bells, jingle bells
Jingle all the way


Oh, what fun it is to ride
In a one horse open sleigh

Hey, jingle bells, jingle bells
Jingle all the way


Oh, what fun it is to ride
In a one horse open sleigh

It’s Christmas

Hey, jingle bells, jingle bells
Jingle all the way


Oh, what fun it is to ride
In a one horse open sleigh

Hey, jingle bells, jingle bells
Jingle all the way


Oh, what fun it is to ride
In a one horse open sleigh.

 

Ed eccovi altra puntata domenicale dello stefano imperniata nelle martellate sui pendenti. (enne)

 


 

 

 

 

Open Fiber: la fibra in condominio e’ un diritto dei cittadini.

 

 

Gli amministratori di condominio non devono indurre riunioni e produrre delibere: la normativa da’ la facolta’ di procedere senza indugi con la posa della fibra. Sara’ poi facolta’ dei residenti scegliere se attivare o meno un eventuale abbonamento.

A sottolineare il suo ruolo di “operatore wholesale” che si occupa di gestire la sua rete interamente in fibra ottica e di mettere a disposizione le infrastrutture agli operatori di telecomunicazioni che si occuperanno delle commercializzazione dei servizi a banda ultralarga (connettività FTTH a 1 Gbps) agli utenti finali, Open Fiber ha recentemente pubblicato sulla sua home page l’elenco completo dei partner.
Cliccando qui si puo’ conoscere la lista degli operatori che offrono i propri servizi (anche) utilizzando la rete Open Fiber (in questa pagina, selezionando una citta’ gia’ coperta, si puo’ consultare la lista dei partner attivi, coi quali gli utenti possono stipulare eventualmente un contratto).

Come il cosiddetto “diritto d’antenna” e’ riconosciuto dalla normativa vigente (i cittadini hanno facolta’ di installare sul tetto, anche in condominio, un’antenna necessaria all’invio e alla ricezione di dati per abilitare servizi a banda larga e ultralarga in modalita’ wireless), Open Fiber ricorda che per la realizzazione dell’impianto in fibra ottica utile per connettere il condominio alla rete non occorre indire riunioni ne’ una delibera condominiale (dlgs n. 259/2003 “Codice delle Comunicazioni Elettroniche”, art. 91; dl 25 giugno 2008, n. 112 conv. in l. n. 133/2008; dlgs n. 33/2016 “Decreto Fibra”).

Portare la fibra ottica all’interno di un edificio condominiale e’ compito di un’azienda specializzata incaricata da Open Fiber che controlla l’idoneita’ dell’immobile quindi programma ed effettua i lavori di posa.

Quando una zona viene raggiunta dalla rete di Open Fiber e vi e’ la possibilita’ di attivare la connettività in fibra ottica, l’amministratore di condominio viene interpellato per raccogliere l’autorizzazione al fine dell’esecuzione dei lavori. Tale “via libera”, pero’, non implica l’impegno di attivare alcun abbonamento, ne’ per l’amministratore ne’ per i residenti.
I lavori di posa della fibra sono infatti gratuiti per il condominio e permettono agli interessati, in un secondo tempo, qualora lo desiderassero, di valutare l’attivazione di servizi di connettivita’
ultrabroadband (1 Gbps) rivolgendosi alle societa’ partner di Open Fiber citate in apertura.

Inutile dire che la disponibilita’ della connessione in fibra ottica con architettura FTTH a livello condominiale contribuisce ad aumentare il valore delle singole unita’ abitative.

A un tecnico abilitato puo’ essere anche richiesto il rilascio di un'”etichetta” che certifichi la predisposizione dell’edificio per l’utilizzo della banda ultralarga da parte dei residenti.

In sede di vendita dell’abitazione, tale certificazione contribuisce ad accrescere il valore dell’edificio.

Peraltro, tutti gli edifici di nuova costruzione, la cui autorizzazione edilizia sia posteriore al 1° luglio 2015, devono inoltre essere “equipaggiati con un’infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all’edificio, costituita da adeguati spazi installativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete“.

Il condominio puo’ bloccare solamente i lavori comunicando l’intenzione di volerli svolgere in proprio e a proprie spese, procedura per’ sconveniente e difficilmente applicabile in autonomia.

Il gia’ citato decreto legislativo 33/2016, conosciuto anche con l’appellativo decreto fibra, stabilisce (articolo 91) che “il proprietario od il condominio non puo’ opporsi all’appoggio di antenne, di sostegni, nonche’ al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto, nell’immobile di sua proprieta’ occorrente per soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini“.

Lo stesso decreto prevede all’articolo 8 che ai “proprietari di unita’ immobiliari, o al condominio ove costituito in base alla legge” venga riconosciuto il “diritto, ed ove richiestone, l’obbligo, di soddisfare tutte le richieste ragionevoli di accesso presentate da operatori di rete, secondo termini e condizioni eque e non discriminatorie“.
Di fatto, quindi, i lavori di copertura di un condominio possono iniziare anche sulla scorta di una richiesta di connessione alla rete a banda ultralarga
avanzata da un solo condomino nel caso in cui il punto di terminazione a livello stradale fosse gia’ raggiunto dalla fibra ed attualmente a costo zero grazie al bonus del 110%.

Ed ora la striscia dello Stefano con i vari martellamenti di palle.

 

 

 

 

Differenza connessione FTTC, FTTH e FTTB.

 

 

Quando si parla di connessione in fibra ottica, spesso ci si trova davanti a due acronimi: FTTC e FTTH. Conoscere il significato di queste sigle è utile perché sintetizza la qualità e l’effettiva prestazione della connessione, caratterizzata dalla composizione dei cavi di rete.

Per poter comprendere pienamente la differenza tra le due tecnologie, bisogna capire in che modo le infrastrutture di rete ci permettono di utilizzare internet.

Accedere al web e’ possibile grazie alla rete di cavi che si snoda attraverso il pianeta connettendone i vari paesi come un sistema di capillari.

Il cuore di questa struttura e’ costituito dalle centrali di trasmissione dei vari operatori telefonici, che non sono collegate direttamente alle abitazioni ma a una serie di cabinati di smistamento.

E’ da li’ che i cavi si ramificano e raggiungono le case delle singole persone.

Fino a qualche anno fa, la rete era composta per intero da cavi in rame, e le prestazioni variavano a seconda delle condizioni meteorologiche, delle temperature esterne e delle distanze geografiche.

Piu’ un’abitazione era lontana dalla centrale o dai cabinati, piu’ il segnale perdeva potenza lungo il percorso.

Con l’avvento della banda ultra larga, tutta o parte di questa rete e’ stata cablata in fibra ottica per migliorarne le prestazioni.

In alcune zone l’intero collegamento dalla centrale a casa viaggia su fibra ottica, in altre la fibra e’ limitata alla tratta dalla centrale al cabinato.

Ecco spiegati i due acronimi: FTTC sta per “Fiber to the Cabinet”, ossia “fibra fino al cabinato”, mentre FTTH sta per “Fiber to the Home”, cioe’ “fibra fino a casa”.

 

 

 

FTTC, il compromesso tra fibra e rame

In presenza di una connessione FTTC, il cavo che collega la centrale al cabinato, definiti anche armadi stradali (spesso presenti a bordo strada) e’ in fibra ottica, mentre il tratto dal cabinato a casa e’ in rame.

Questo vuol dire che la seconda parte del collegamento resta soggetta a dispersioni e puo’ risentire di avverse condizioni atmosferiche o sbalzi di temperatura.

Realizzare una rete interamente in fibra ottica come quella di OpenFiber e’ la soluzione ideale per garantire massime prestazioni, stabilita’ e basso impatto ambientale.

Tuttavia, per una questione di costi e infrastrutture, per adesso la rete in fibra non e’ ancora stata implementata per ogni singola unita’ abitativa.

La tecnologia FTTC si propone come un compromesso per portare quindi la fibra ottica solo fino al cabinato, e sfruttare da li’ in poi la vecchia struttura in rame, ma con molti limiti. Sicuramente, se da un lato assistiamo ad un contenimento dei costi, dall’altro pero’ si otterrà una notevole limitazione del segnale, dovuta all’utilizzo della banda in rame nell’ultimo tratto. 

Contribuira’ anche la distanza tra la cabina di zona e l’unità abitativa, in quanto piu’ e’ lungo il tratto in rame e maggiore e’ dispersione del segnale, compromettendo la qualita’ di connessione, rendendola instabile e rallentata.

Le velocita’ raggiunte sono comunque superiori rispetto a quelle della classica connessione ADSL.

Orientativamente, una connessione FTTC puo’ raggiungere i 100/200 Mbps, un vantaggio interessante rispetto all’ADSL, che arriva a 20 Mbps in condizioni ottimali.

AGCOM, l’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni, ha di recente introdotto una serie di bollini identificativi per aiutare gli utenti finali a riconoscere le varie tipologie di connessioni. Alla tecnologia FTTC e’ stato assegnato un bollino giallo con il marchio “FR” ossia “fibra/rame”.

FTTH, la soluzione ideale.

L’acronimo FTTH Indica le connessioni a banda ultra larga in cui il collegamento dalla centrale di trasmissione fino al modem dell’utente finale e’ realizzato per intero in fibra ottica. Esiste anche una soluzione intermedia, nel caso in cui non sia possibile effettuare lavori in appartamento per l’installazione della fibra: FTTB, ossia “Fiber to the Building”. 

Questo tipo di cablatura prevede il collegamento in fibra ottica dalla centrale di trasmissione a una centralina condominiale, con collegamento in rame da quest’ultima ai singoli appartamenti.

Attualmente la tecnologia FTTH è quella che garantisce maggiore stabilita’ della connessione, prestazioni elevate e basso impatto ambientale.

Grazie alla composizione dei cavi, la perdita di banda lungo il tragitto dalla centrale alla singola abitazione e’ minimo ed e’ possibile garantire la massima velocita’ di trasmissione indipendentemente dal traffico di rete.

Inoltre, la resistenza e la flessibilita’ dei filamenti che compongono i cavi li rendono poco soggetti a danneggiamento: meno interventi di manutenzione vuol dire meno gas e polveri nell’ambiente.

Nella classificazione AGCOM, all’FTTH è stato assegnato un bollino verde con la sigla “F”, “fibra”.

In termini di prestazioni, e’ possibile raggiungere 1 Gbps di velocita’ con una connessione stabile e performante anche in presenza di più dispositivi o applicazioni aperte.

Le attivita’ ricreative e lavorative che si potrebbero svolgere con una connessione di questo tipo sono molteplici.

Giocare online senza problemi di latenza commentando la diretta in tempo reale, guardare un film e contemporaneamente inviare un album di foto a un amico e scaricare documenti di lavoro sono entrambi scenari possibili. La tecnologia FTTH e’ future-proof, e la Open Fiber si pone come mission la sua diffusione a livello capillare in tutta Italia anche per la possibilita’ di adeguamento a costo zero grazie al bonus del 110%.

Superbonus 110% per portare la fibra ottica negli edifici:come funziona..

 

 

 

In arrivo il superbonus che copre il 110% delle spese sostenute per realizzare le opere infrastrutturali necessarie per portare i cavi in fibra FTTH (vedi post identificativo fibra) all’interno degli edifici.

Con un emendamento alla Legge di Bilancio 2021 e’ stato inserito un superbonus del 110% delle spese sostenute sotto forma di credito d’imposta per incentivare la realizzazione di opere volte al passaggio dei cavi in fibra ottica.

L’obiettivo e’ evidentemente quello di spronare i condomini a realizzare le “infrastrutture fisiche interne adatte al passaggio di cavi in fibra ottica” per l’attivazione di collegamenti FTTH (Fiber-to-the-Home) “prevedendo la necessaria separazione tra cavi per telecomunicazioni, cavi elettrici e cavi per servizi di videocitofonia, sorveglianza, telerilevamento“.

Il superbonus sara’ pari al 110% delle spese documentate e sostenute per l’effettuazione dei lavori fino al 31 dicembre 2021 fino a un massimo di 1.000 euro per ciascuna unita’ immobiliare.

Viene precisato che le spese per i lavori possono essere disposte anche se richieste da condomini rappresentanti 1/3 dei millesimi.

La proprieta’ dell’infrastruttura interna cosi’ realizzata apparterra’ al condominio mentre le reti in fibra che attraverseranno le canalizzazioni predisposte saranno di proprieta’ dell’operatore o degli operatori che le poseranno.

Sara’ compito di AGCOM, entro 60 giorni, indicare le specifiche tecniche per i cavidotti interni ai condomini, per il raccordo delle reti di comunicazione con gli stessi e per l’accesso degli operatori.

Le spese saranno coperte con le risorse fatte confluire nel Fondo attivato presso il Ministero delle Finanze: verranno messi a disposizione 100 milioni di euro per ciascuna annualità 2021, 2022 e 2023.
Il credito d’imposta e’ indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riconoscimento del credito.

Esso non concorre alla formazione del reddito“, si legge. “Il credito e’ utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del periodo d’imposta successivo a quello in cui sono state effettuate le spese.

Ai fini della fruizione del credito d’imposta, il modello F24 è presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento“.

Considerato che la fibra in condominio e’ un diritto dei cittadini (vedi post precedente Open fiber) non occorre quindi ne’ indire riunioni ne’ produrre una delibera condominiale (dlgs n. 259/2003 “Codice delle Comunicazioni Elettroniche”, art. 91; dl 25 giugno 2008, n. 112 conv. in legge n. 133/2008; dlgs n. 33/2016 “Decreto Fibra”).
L’azienda fa presente che il cablaggio Open Fiber dell’unita’ immobiliare “e’ completamente gratuito e non comporta alcun onere a carico del condominio“.

L’emendamento si riferisce esplicitamente ai condomini: andra’ verificato se l’incentivo possa essere o meno richiesto anche dai proprietari di abitazioni.

A.A.A.Occasionissima Locazione.

 

 

 

 

Oggetto: offerte locali

Pregiatissimo Signore,

sono una ragazza Russa e ho l’onore di informarla che potrei mettere a Sua disposizione un appartamento sul davanti di una graziosa proprieta’ che mi viene da mia madre; un triangolo d’erbetta cresce davanti all’entrata principale.

Tale entrata, che nel passato era molto piccola e stretta, e’ stata successivamente ingrandita a seguito di lavori svolti dal primo locatario, tanto che ora presenta un ingresso ampio e
facile.

Il solo inconveniente, se tale si puo’ chiamare, e’ la vicinanza di una nobile famiglia di Marchesi che si fanno vedere una dozzina di volte all’anno, ma per altro solo per pochi giorni.

Qualche locatario ha trovato l’alloggio molto umido, ma cio’ non gli ha procurato nessun fastidio, anzi la dolce temperatura che entro vi regna in tutte le stagioni dell’anno, e’ stata vivamente apprezzata. La suddetta proprieta’ dispone anche di una piccola entrata sul didietro nascosta tra due terrazzi di rialzo, ma tengo tuttavia ad avvertirLa che per nessuna ragione cedero’ l’entrata da quella parte.

Le faccio anzi presente che sono stata costretta a fare congedo dell’
ultimo locatario appunto perche’ si ostinava a volerlo per forza mentre io intendo riservarla ad usi strettamente personali.

Mi preme dichiarare che desidero un locatario esperto nell’arte del
giardinaggio e che sappia tenere in perfetto stato di godimento tutto l’appartamento.

Il gas e’ installato sul di dietro e l’acqua sul davanti, una presa di
guida sull’entrata principale a cui l’occupante non avra’ che da
applicare il tubo di alimentazione per annaffiare l’orto.

Come vede la proprieta’ ha pregi innegabili e pertanto sono persuasa che Ella verra’ in breve ad abitarla.

Mentre mi tengo a sua completa disposizione

La prego voler gradire i miei piu’ distinti saluti

 

F.to VAGINA SEMINOVA

e adesso eccovi la striscia domenicale dello Ste che stavolta come soggetto ha il martellamento dei coglioni.

 

 

 


Io Vorrei..

 

 

Per me, non e’ tanto importante che le opinioni siano raccolte sotto un post ma che il post produca un effetto superiore alla somma delle parti.

Quindi nelle mie aspettative c’era quello che io chiamo il «colpo d’occhio», ovvero la capacita’ di avere, solo scorrendo la pagina, un’idea precisa di cosa c’e’ di importante e di che tipo possa essere il Post.

E’ uno dei punti di valore aggiunto indiscutibili del concetto di opinione o passatempo.

Non e’ come leggere un giornale, a volte il Post non e’ immediatamente comprensibile soprattutto se scritto in togolese, ogni cambiamento del tipo di lettura richiede abitudine e forse dobbiamo solo abituarci a questa formula.

Ogni volta che c’e’ un cambiamento, si richiede un adattamento e questo e’ un problema grosso da risolvere e di certo non per chi lo scrive ma per chi lo legge e stavolta come tema iniziale pongo un desiderio.. che ho soggettato in ..IO VORREI ..son solo due parole ma ne esce un post senza pretese perche’ e’ molto semplice, basta solo lasciar correre la fantasia.. e mentre stringo il sole tra le dita penso a cio’ che vorrei…

Vorrei tornare fanciullo,

vorrei sentire l’odore della miscela della mia motoretta,

vorrei spremere il dentifricio nel vasetto della crema notte di Lella, vorrei togliere il mastice dal vetro appena messo e fare le palline da tirare ai piccioni,

vorrei fare altre palline con la mollica del pane e poi a tavola coi parenti far finta di aver tolto il cappero dal naso e buttarlo nel piatto di Lino,

vorrei cercare a portapila i vecchi termometri, romperli e far uscire il mercurio per divertirmi con le gocce che escono si congiungono e si dividono,

vorrei mettere lo zucchero nel serbatoio del soffiatore del puliscicortile che fa un casino del menga col motore mentre prendo il sole nel terrazzo e mi inquina la respiratoria,

vorrei fare la mia impronta sul marciapiede di cemento fresco e far godere come un selvaggio il Nicola,

vorrei mettere i chiodi che usa Dario per le sedie, nella ruota del postino che porta sempre le multe e sghignazza mentre me le consegna,

vorrei fare un rutto modulato lungo 10 secondi e superare il mio record dei 6,

vorrei evitare di invecchiare,

vorrei che fosse sempre estate,

vorrei credere che l’astronauta sia un lavoro da poter fare anche di giorno perche’ di giorno non ci sono le stelle e non si sa dove atterrare,

vorrei credere che un amico rimanga amico e non tradisca mai,

vorrei credere che la Ferrari possa nuovamente vincere,

vorrei la cittadinanza onoraria del comune di Bugliano,

vorrei la fine del Covid19,

vorrei la certezza che Maradona continui a giocare nella squadra De Dios senza usare le mani e che l’Inghilterra gli dedicasse un monumento,

vorrei che Valentino possa aver la forza di smettere di fare figure da cioccolataio,

vorrei che Facebucche la smettesse di inserirsi sui miei blog,

vorrei infine smettere di scrivere quello che vorrei che tanto non servira’ a niente.